
Anatomia di un rebranding andato male
Guida pratica per salvare il tuo brand dal disastro annunciato
Quando sono di fronte a una richiesta di rebranding, la mia prima azione non è mai quella di mettermi davanti a un PC e provare "cose". La prima fase è di concetto, di comprensione, di approfondimento, di direzionalità, di perchè. Raramente è una fase facile, perchè quasi sempre mancano molti elementi decisivi, fondamentali a monte, prima di fare qualunque cosa. Mi ricordo un caso di qualche anno fa in cui il risultato di questa fase è stato sbalorditivo e spiazzante (per tutti, cliente compreso): il rebranding non si fa, perché le cose stanno bene così come sono.... fine.
Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il rebranding è un'opportunità straordinaria per rilanciare o ridefinire un brand, ma è anche un processo delicato, spesso sottovalutato. Ecco una panoramica degli errori più comuni da cui imparare per evitare un fallimento.
Ma prima della lista solo una nota strategica importante, o meglio, una distinzione: se il problema è strategico (posizionamento, promessa, architettura), si ripensa l’identità; se è funzionale (leggibilità, consistenza, accessibilità), basta un restyle chirurgico, non serve molto altro.
Errore #1: Non avere una strategia chiara
Un rebranding senza obiettivi precisi e ben definiti porta inevitabilmente alla confusione e alla perdita di identità. Prima di avviare il rebranding, definisci chiaramente gli obiettivi strategici, il target, e ciò che vuoi comunicare.
Errore #2: Ignorare il proprio pubblico
I consumatori devono sentirsi coinvolti e valorizzati. Un rebranding che non considera le aspettative e le abitudini del pubblico può portare a disconnessione emotiva e perdita di clienti fedeli.
Errore #3: Sottovalutare la coerenza visiva
Il cambiamento drastico e incoerente nella brand identity può causare confusione nel pubblico. È essenziale che ogni elemento visivo – dal logo ai colori, dalle tipografie alla comunicazione social – sia coerente e omogeneo.
Errore #4: Mancanza di comunicazione interna
Coinvolgere i dipendenti è fondamentale. Un rebranding che non passa attraverso una corretta comunicazione interna può generare resistenza e frustrazione, impedendo al brand di comunicare in modo autentico verso l'esterno.
Errore #5: Nessun test preliminare
Un rebranding va testato. Ignorare la fase di testing può portare a scelte basate solo sull'intuizione, con conseguenze spesso negative. Utilizza focus group, sondaggi e A/B test per raccogliere feedback prima del lancio ufficiale.
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Esempi famosi di rebranding "andati male":
- Gap: Il rapido cambiamento del logo senza coinvolgere il pubblico ha portato a una forte reazione negativa.
- Tropicana: La modifica della confezione ha creato disorientamento, con un forte calo nelle vendite.
Punti Chiave
- Strategia chiara e definita
- Coinvolgimento del pubblico
- Coerenza visiva rigorosa
- Comunicazione interna efficace
- Importanza del testing preliminare
Conclusione
Un rebranding ben fatto può rilanciare il tuo brand e aumentare significativamente il valore percepito. Evitando questi 5 errori comuni puoi assicurarti che il tuo processo di rebranding sia un successo, non una storia da dimenticare.
Riferimenti bibliografici
- "Rebranding: Expert Guide to Brand Transformation" – Roy E. Cordero
- "Designing Brand Identity" – Alina Wheeler
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Molti rebranding falliscono perché confondono stabilità con rigidità. Ma un brand, per restare vivo, deve mantenere ciò che io definisco un Indice di Stabilità Semantica: la capacità di evolvere senza perdere il nucleo di riconoscibilità. È qui che la prospettiva neogenerativa diventa decisiva.